CONDONO - Cons. Stato Sez. VI, 04-01-2018, n. 46

CONDONO - Cons. Stato Sez. VI, 04-01-2018, n. 46

La funzione del parere o del nulla osta espresso dalla Soprintendenza nel corso dei procedimenti di condono edilizio in aree gravate da vincolo archeologico è la verifica della compatibilità dell'opera che si intende sanare con l'esigenza di conservazione dei valori archeologici protetti dal vincolo (L. n. 47/1985) (Riforma della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, sez. VI, 23 marzo 2011, n. 2252).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8694 del 2011, proposto dal Ministero dei beni delle attività culturali e del turismo - Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia per legge in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il Signor A.F., non costituito in giudizio nel grado di appello;

nei confronti di

del Comune di Pozzuoli, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito nel giudizio di appello;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, Sez. VI, 23 marzo 2011 n. 2252, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del 5 ottobre 2017 il Cons. Stefano Toschei e udita, per la parte appellante, l'avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. - La Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei propone appello avverso la sentenza del T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, Sez. VI, 23 marzo 2011, n. 2252, resa tra le parti in forma semplificata, con la quale, riunendo due ricorsi proposti dal Signor A.F. nei confronti del Comune di Pozzuoli e della suindicata Soprintendenza, ha accolto le censure dal ricorrente, dedotte al fine di sostenere la illegittimità del provvedimento del Comune di Pozzuoli 12 luglio 2010, n. 25455, con il quale sono state rigettate le domande di condono edilizio 28 marzo 1986. n. 16533, e 11 aprile 1995, n. 20823. relativi alla realizzazione di alcune palazzine, nonché ad altri interventi edilizi (nella specie un muro e una gradonata) in Pozzuoli alla via del Lago D'Averno, disponendone la demolizione, nonché i presupposti pareri negativi espressi dalla Soprintendenza con riferimento ad entrambe le istanze di condono (20 aprile 2010, nn. 13926 e 13927).

Nel corso del giudizio di primo grado il Tribunale, anche all'esito di una disposta verificazione, ha valorizzato il motivo di doglianza, dedotto nei due ricorsi dal Signor F., con il quale si sosteneva che i pareri della Soprintendenza, sulla base dei quali il Comune di Pozzuoli aveva negato il condono e disporre la demolizione delle opere per le quali era stata richiesta la sanatoria, erano illegittimi, perché l'impedimento all'accoglimento delle istanze era costituito dalla presenza nell'area di un vincolo archeologico introdotto in epoca largamente successiva rispetto alla realizzazione delle opere edilizie, in quanto istituito con il D.M. 18 febbraio 1991, oltre al fatto "che entrambi i pareri non recano una specifica valutazione in ordine alla compatibilità dei risalenti manufatti con il vincolo archeologico sopravvenuto, ma si limitano a richiamare diffusamente il pregio archeologico dell'area" (così, testualmente, a pagina 5 della sentenza qui fatta oggetto di appello).

Il Tribunale, nel motivare la sentenza di annullamento dei provvedimenti impugnati, ha tenuto conto dell'esistenza nell'area di un vincolo archeologico apposto nel 1957 ai sensi della L. n. 1089 del 1939, escludendo però che con la sua imposizione si fosse determinata l'assoluta inedificabilità dell'area, sicché in sede di parere da rendersi nel corso del procedimento di condono la Soprintendenza avrebbe dovuto motivare compiutamente sull'asserita incompatibilità dell'intervento con il vincolo in questione.

2. - Con l'atto di appello la Soprintendenza contesta la correttezza delle conclusioni alle quali è giunto il Tribunale, ritenendo la sentenza affetta da errori nella valutazione degli elementi istruttori.

In particolare, l'Amministrazione precisa che il vincolo apposto nel 1957, pur trattandosi di un vincolo indiretto, aveva l'obiettivo di impedire che venissero alterate le condizioni ambientali e di decoro del paesaggio del lago d'Averno, di talché la successiva apposizione del vincolo archeologico di cui D.M. 18 febbraio 1991, nel sottoporre l'intero invaso del lago, amplia solo territorialmente la tutela vincolistica, ma ciò non ha inciso in alcun modo sulla immodificabilità edilizia dell'area già coinvolta nell'imposizione del 1957.

Ne è conferma che il dante causa del ricorrente F., Signor D.B., fu perseguito penalmente per avere realizzato una costruzione abusiva nel 1965.

Da qui la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale e della reiezione dei ricorsi, siccome riuniti, proposti in primo grado.

3. - Il Signor F. ed il Comune di Pozzuoli, seppure raggiunti ritualmente e tempestivamente dalla notifica dell'atto di appello, non si sono costituiti nel giudizio di secondo grado.

All'udienza pubblica del 5 ottobre 2017 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione.

4 - Le ragioni dell'amministrazione esposte con l'atto di appello risultano fondate e vanno accolte.

Con il decreto ministeriale 12 settembre 1957 (pubblicato sulla GU n. 236 del 23 settembre 1957), l'intero territorio del Comune di Pozzuoli 29 giugno 1939, n. 1457, è stato dichiarato di notevole interesse pubblico "e quindi sottoposto a tutte le disposizioni contenute nella legge stessa" (così, testualmente, nel citato decreto ministeriale), imponendosi quindi in quell'area territoriale un c.d. vincolo d'insieme.

Con il decreto ministeriale 29 novembre 1957, l'area fatta oggetto di realizzazione delle opere edilizie in questione è risultata oggetto di una specifica dichiarazione di notevole interesse pubblico, perché "fa parte dell'ambiente storico-monumentale del Lago D'Averno descritto nel VI libro dell'Eneide di Virgilio"; detto decreto veniva notificato al Signor S.D.B., dante causa del Signor A.F., il quale fu coinvolto, effettivamente come sostiene l'Amministrazione nell'atto di appello, in un procedimento penale a suo carico nel 1967 per la realizzazione di costruzioni senza il necessario titolo autorizzativo nella suindicata area vincolata (si veda in tal senso la documentazione prodotta dalla Soprintendenza nel giudizio di primo grado).

Con il successivo decreto ministeriale 18 febbraio 1991, si è estesa la portata territoriale del precedente vincolo, vietando nel contempo qualsiasi edificazione o modifica dell'attuale uso dei suoli, limitandolo solo agli interventi manutentivi previa autorizzazione espressa.

La funzione del parere o del nulla osta espresso dalla Soprintendenza nel corso dei procedimenti di condono edilizio in aree gravate da vincolo archeologico è la verifica della compatibilità dell'opera che si intende sanare con l'esigenza di conservazione dei valori archeologici protetti dal vincolo: pertanto non è condivisibile la tesi, sostenuta in primo grado, che si siano verificate illegittimità, anche per eccessi di potere nell'adozione dei pareri della Soprintendenza, in quanto la articolata e dettagliata motivazione dei due provvedimenti resi da quest'ultima, nel sottolineare le precipue e particolari caratteristiche dell'area di insediamento dei manufatti, si mantiene entro i confini del potere attribuito al Ministero, soggetto cui è attribuita la gestione del vincolo medesimo.

I provvedimenti, invero, evidenziano che gli interventi edilizi dei quali si chiede il condono ricadono in area di eccezionale interesse storico-archeologico, narrando puntualmente ogni riferimento storico riferibile alla zona in sette pagine di articolata motivazione, dense di richiami puntuali e ripercorrendo con dovizia di particolari i passaggi più salienti delle esperienze storico-politico-culturali che hanno visto protagonista il territorio in questione, nonché stigmatizzando apertamente il comportamento inerte delle amministrazioni che nel corso del tempo hanno permesso "all'uomo (...) di inferire, incurante del suo passato" (così, testualmente, a pag. 7 del parere negativo della Soprintendenza 20 aprile 2010, n. 13927).

In altri termini, dalla lettura del parere surrichiamato si evince con puntualità inequivocabile come il vincolo impresso in via generale nel 1957 già aveva in nuce l'obiettivo di salvaguardare una zona di rilevantissimo interesse storico-archeologico, di talché il vincolo imposto nel 1991 aveva soltanto il compito di completare tale operazione di garanzia di incontaminabilità del territorio vietando qualsiasi edificazione e modifica dell'attuale uso dei suoli, ampliamenti ed espansioni planovolumetriche in superficie e/o in elevato dei fabbricati esistenti, dei quali sono possibili soltanto interventi manutentivi, purché previamente autorizzati dalle Soprintendenze territoriali (così, ancora, nel parere citato).

Nel caso di specie, dunque, l'organo periferico del Ministero ha esplicitato le circostanze di fatto e gli elementi specifici che sono stati ritenuti tali da implicare, in concreto, un intollerabile danno e pericolo sotto il profilo della salvaguardia del valore archeologico e del paesaggio, argomentando e delucidando con precisione e chiarezza i motivi che hanno condotto all'espressione di un parere negativo.

5. - Nell'ambito della tutela del patrimonio archeologico, inoltre, non ha rilievo decisivo la una richiesta di sanatoria presentata in occasione del condono del 1985, in quanto la data di imposizione del vincolo rispetto a quella di realizzazione di un abuso non si rivela determinante alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale.

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, infatti, con la sentenza n. 20 del 22 settembre 1999, ha chiarito che sussiste l'obbligo di acquisire il parere da parte della Autorità preposta alla tutela del vincolo in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria, a prescindere dall'epoca in cui sia dvenuto efficace l'atto che ha imposto il regime di tutela, in quanto la compatibilità dell'opera da condonare con il regime di salvaguardia garantito dal vincolo deve essere comunque valutata alla data dell'esame della domanda di sanatoria.

In tal senso si è costantemente affermato in giurisprudenza, successivamente a tale sentenza dell'Adunanza plenaria, che ai fini delle procedure di condono sono da ritenere rilevanti tutti i vincoli apposti alla data in cui viene valutata l'istanza di sanatoria, a prescindere dalla data di esecuzione delle opere e di imposizione dei vincoli medesimi (Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2111, e 12 novembre 2014, n. 5549).

Nel caso di specie, peraltro, già al momento della presentazione della prima istanza di sanatoria (del 1986) sussisteva il vincolo imposto nel 1957, tanto che nei confronti del dante causa dell'appellato era stato avviato un procedimento penale per la realizzazione di opere edilizie senza il necessario titolo autorizzativo, e a maggior ragione egli era perfettamente a conoscenza della inedificabilità dell'area disposta dal D.M. 18 febbraio 1991 al momento della presentazione delle domanda di condono nel 1995.

6. - Deriva da quanto sopra la fondatezza dei motivi di appello, di talché il ricorso n. R.g. 8694/2011 va accolto, con riforma della sentenza del T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, Sez. VI, 23 marzo 2011, n. 2252, e con conseguente reiezione dei ricorsi riuniti, nn. R.g. 5742/2010 e 6279/2010, proposti in primo grado dal Signor A.F..

Stima il Collegio che, in ragione del principio della soccombenza, ai sensi dell'art. 91 c.p.c., per come espressamente richiamato dall'art. 26, comma 1, c.p.a. le spese del grado di appello e del primo grado debbono porsi a carico del ricorrente Signor A.F., per come meglio indicato in dispositivo, riformandosi altresì la decisione di prime cure con riferimento alle spese della disposta verificazione, liquidate nella misura complessiva di Euro 710,72 (Euro settecentodieci/72), pari a 84 vacazioni, che vanno rimborsate al verificatore, all'opposto di quanto deciso dal Tribunale amministrativo regionale, dal ricorrente in primo grado Signor A.F..

Spese del doppio grado compensate con le altre parti intimate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello n. R.g. 8694/2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado (T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, Sez. VI, 23 marzo 2011, n. 2252,), respinge i ricorsi riuniti, nn. R.g. 5742/2010 e 6279/2010, proposti in primo grado dal Signor A.F..

Condanna la parte appellata, Signor A.F., a rifondere le spese del doppio grado di giudizio in favore del Ministero dei beni delle attività culturali e del turismo, Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, in persona del Ministro pro tempore, che liquida nella misura complessiva di Euro 4.500,00 (quattromilacinquecento/00), di cui Euro 1.500 (millecinquecento) quanto al primo grado ed Euro 3.000,00 (tremila) quanto al secondo grado.

Condanna altresì il Signor A.F. al pagamento delle spese della verificazione disposta in primo grado, liquidate nella misura complessiva di Euro 710,72 (Euro settecentodieci/72).

Spese del doppio grado di giudizio compensate con le altre parti intimate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2017, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Marco Buricelli, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere, Estensore


Avv. Francesco Botta

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